Domanda di ammissione agli Ordini Sacri
Non è di certo facile provare a concentrare in poche righe il “tumulto” della mente e del cuore di domenica pomeriggio, nella basilica di sant’Abbondio. E tutto questo “fermento sottopelle” non è stato dovuto né alla cerimonia, né al clima di grande festa, né alle numerose persone presenti, e nemmeno alla tanta fatica accumulata nel pellegrinaggio al Soccorso del pomeriggio precedente o nella non così tranquilla – per usare una litote – mattinata del ritrovato Molo14 a Bellagio – i due grandi appuntamenti diocesani contemporanei alla 59° Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni.
No: tutta questa valanga di emozioni, di affetti, di relazioni – del tutto lecite, indispensabili, inevitabili – è passata in secondo piano di fronte alla sovrabbondanza di grazia, gratitudine e gioia con cui il Signore ha permesso a me e Daniel di pronunciare il nostro primo – emozionato e deciso – “eccomi!” in risposta alla sua chiamata, davanti al nostro vescovo Oscar e circondati dai fratelli seminaristi, dalle famiglie, dalle parrocchie di origine e di pastorale e da tanti presbiteri di tutta la Diocesi.
Un momento di vera grazia nello scoprirci uomini imperfetti, fragili e deboli e, proprio in questo, considerati in grado di essere Suoi semplici strumenti. Un momento di gratitudine e impegno, come risposta alla Sua proposta tradotta nella domanda di ammissione ai candidati agli ordini sacri; una scelta di responsabilità e di impegno alla formazione, umana e spirituale; una disponibilità alla docilità ad orientarsi verso uno stile preciso: quello del servizio; una consapevolezza della nostra appartenenza a Lui – ricordata dall’abito talare –, come figli amati e rivestiti dell’uomo nuovo – come mostrato dalla cotta bianca. Un momento di gioia, di fronte ad una Chiesa che si rallegra nell’accogliere gioiosamente il nostro proposito. In quella gioia è racchiusa la forza con cui iniziamo questo nostro cammino, con la convinzione di essere arrivati a questo momento solo per ripartire da esso; tutto questo unitamente ad una convinzione certa: che l’opera che il Signore ha in serbo per noi, qualsiasi sia il fine per cui l’ha disegnata in questa particolare prospettiva, sarà da Lui portata a compimento.
Una precisa frase del rito ha catturato la nostra attenzione. Lì, nascosta nell’esortazione iniziale pronunciata dal vescovo appena pochi istanti prima dell’appello dei domandanti, si spronano i candidati a chiedere, con l’aiuto di Dio, di essere fedeli alla propria vocazione. Sicuramente, tra chi legge, qualcuno ha colto in queste parole il riferimento ad altri riti, ad altri contesti, ad altre promesse fatte lungo la storia personale e vocazionale di ciascuno di noi. Ed è bello pensare come in queste parole comuni a tante diverse strade si nascondano, come colonne portanti, l’inizio, il tragitto e la mèta di ogni nostro percorso: la fiducia originaria in un Padre che ci ama per le nostre singole esistenze da donare agli altri; la grazia, la forza e i singoli carismi donatoci dallo Spirito con cui vivere il quotidiano; lo sguardo fisso su Gesù, Pastore buono e bello, che attrae a sé il gregge e conquista con la sua voce ognuno di noi, chiamandoci a seguirlo. Sia allora questo seguire Cristo, per tutti, nostra gioia e nostro vanto lungo la strada della nostra vita.
Daniel Degli Esposti e Giovanni Ballerini