L’atmosfera di ieri non era certo quella solita. Più che nel nostro seminario, che rispecchia chiaramente i criteri estetici dell’architettura degli anni ’60 del secolo scorso, pareva di essere in un quadro surrealista di Dalì. Meraviglia, sorpresa, stupore, incredulità… ognuno di questi sentimenti albergava nel subbuglio del cuore di ogni seminarista.
Era una domenica come le altre, anzi la solennità dell’Ascensione, ma nessuno immaginava che, nel pregare assieme al Papa il Regina coeli, ci sarebbe stato un annuncio tanto inaspettato quanto insolito: il vescovo Oscar creato cardinale.
Tutti, diaconi compresi, abbiamo salutato le parrocchie per tornare in seminario per la compieta presieduta del vescovo. Nell’omelia ha dichiarato, a cuore aperto, come fosse per lui impensabile concludere una giornata come quella di ieri senza far visita al seminario: la “pupilla del vescovo”, come ci ha definiti – come in altre occasioni – ieri.
E allora, quale pupilla degli occhi del vescovo, vorremmo cercare di guardare la sorpresa di ieri e riuscire – con tutti i nostri limiti – a leggere quanto accaduto.
Un cardine. Cardinale, lo sappiamo tutti forse fin dai tempi del catechismo, deriva da cardine: ciò che sostiene una porta. E così i cardinali sono coloro che sostengono il Papa, i suoi più stretti collaboratori. Ma forse questo non basta. Il cardine non solo sostiene la porta, ma è anche quell’elemento che permette alla porta di aprirsi. «Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!
Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo»: così ammoniva San Giovanni Paolo II.
Un cardinale ha quindi il compito non solo di sostenere la Sede Romana ma anche di scorgere, nei segni dei tempi e in ogni situazione della vita umana, il modo più appropriato per aprire le porte della Chiesa e così portare Cristo agli uomini e gli uomini a Cristo.
Che testimonia. Sostiamo ancora un momento sull’immagine del cardine. Esso – dicevamo – permette alla porta di aprirsi. Ma può fare questo solo gravando su se stesso. È quindi, anzitutto, un impegno di testimonianza il cardinalato, non altro. E questo coinvolge ogni attimo della vita di sequela. San Pier Damiani, dopo aver trattato dei problemi del mondo, così scriveva ai confratelli cardinali: «Ma voi, o dilettissimi, cui dall’autorità della Sede Apostolica è affidato l’incarico di togliere queste e simili depravazioni, offritevi agli altri e non solo ai fedeli, ma anche ai sacerdoti, a regola e norma di vita. Si legga nella vostra vita ciò che si deve fare, e ciò che si deve evitare» (Ep. 48,11).
Fino “al fine”. Pastore che cammina sicuro calcando le orme del “Pastore grande delle pecore”, e che come Lui, chicco di grano, amando i suoi che sono nel mondo li ama sino al fine: è questa la radicale testimonianza evangelica. Così, velato nel rosso delle vesti, sta la disponibilità al martirio, anzitutto a quello quotidiano. «Dovete essere pronti a comportarvi con fortezza fino all’effusione del sangue per l’incremento della fede cristiana, per la pace e la tranquillità del popolo di Dio e per la libertà e la diffusione della Chiesa», così dirà il Pontefice il 27 agosto prossimo.
Una vocazione, questa, che riassunta nella persona del Pastore è specchio di tutta la nostra diocesi: usque ad effusionem sanguinis, così ha vissuto Suor Maria Laura Mainetti, ultima fedele diocesana proclamata Beata, così hanno vissuto anche Teresio Olivelli e Nicolò Rusca (beati martiri proclamati negli ultimi anni). E così hanno vissuto anche tanti altri figli della nostra Chiesa di Como, i cui nomi sono scritti a chiare lettere nelle nostre vite di fede.
Quale abbondanza e quale grazia, ma anche quale grande responsabilità. Ne sarebbe bastata una sola goccia, tuttavia, come per Cristo, sgorga dal cuore della nostra Chiesa diocesana questo fiume di acqua e di sangue.
Il “dolce Cristo in terra” – come Caterina da Siena amava definire il Papa – continua a chiamare, come il Rabbì di Nazareth, apostoli e discepoli, sorprendendoli e spronandoli ad un “Eccomi” sempre nuovo e sempre antico.
Dal suo Seminario, toto corde,
AUGURI EMINENZA!