Il prete, una persona normale, nella vita quotidiana

Cosa vuol dire essere prete oggi? Quali sono le fatiche, le gioie, le esperienze che un prete affronta ogni giorno? 

Don Giovanni Corradini è venuto a trovarci la sera di martedì 9 maggio. Con noi ha pregato il rosario meditando i misteri del dolore attraverso il racconto della vita e dell’esperienza di santa Bernadette Soubirous. Lui è molto legato alla storia di Lourdes e ci ha trasmesso, con poche parole, la storia di questo luogo riletto alla luce della sua esperienza.

Dopo la recita del Rosario, come da programma, ci siamo riuniti con lui per rispondere alle domande che introducono questo articolo. Don Giovanni, tenendo sullo sfondo la sua esperienza riguardo alle benedizioni delle case, ha affermato che il ministero del prete è un compito delicato, molto impegnativo che richiede molta pazienza e la guida di Dio. Diceva, attraverso alcuni esempi, che tate volte il prete fa molti progetti per la giornata, ed è giusto farli, ma allo stesso tempo è necessario lasciar agire il Signore nonostante questo molte volte voglia dire scardinarli. Ci ha ricordato l’importanza di essere come Giovanni Battista che indica il Signore, e stare attenti a non sostituirci ad Esso e come Giovanni disse ai tempi di Gesù: «Lui deve crescere e io diminuire».  

Molto importante il suo richiamo alla cura dei preti da parte dei preti, lui ci ha portato l’esempio dei tre stadi della vita di un prete, quello giovane, quello “adulto” e l’anziano: il prete giovane, pieno di entusiasmo, deve essere seguito ed educato dal prete “adulto” ed entrambi non si devono dimenticare del prete anziano che era prima di loro e che a sua volta è stato giovane e adulto; questo l’ha esplicato attraverso l’esperienza della vita famigliare, cioè come i figli sono tenuti a curare i genitori anziani che hanno speso la loro vita per farli crescere. 

Ha poi ricordato ai futuri presbiteri come l’esperienza del prete, in gioventù, sia la cosa più difficile, perché ancora deve comprendere molte cose e molti aspetti della vita delle comunità che gli vengono affidate e, tante volte, queste invece lo caricano di lavori e responsabilità rifacendosi al modello del predecessore. In questo, ha ricordato come sia fondamentale la sincerità e l’apertura rispetto al proprio parroco anche chiedendogli semplicemente tre giorni per riposare quando si è stanchi.   

Il futuro del cammino è la fraternità. Questo è stato il suo ultimo discorso. Ciascuno è unico e segue il Signore nella storia della diocesi. Il prete non può pensare di poter fare tutto; qui entra in gioco la fraternità “insieme possiamo fare tutto e arrivare dappertutto”. La fraternità aiuta la condivisione anche dei dolori e fa bene alla salute umana, fisica e spirituale.

Infine ha concluso: «il Signore non si pente mai dei doni che dà. La cosa più bella sono i preti che si incontrano nella propria storia».

Lorenzo Bongio, II teologia