Per un’autentica cultura dell’incontro. Nel nome di Gesù!

Anche in questo “breve” Avvento 2023 trova spazio nella sua seconda domenica, come ormai è tradizione da tempo nella nostra Diocesi, la proposta della “Giornata del Seminario”, ed è diffusa in tutte le comunità la locandina appositamente preparata che questa volta riporta l’immagine della celebre “Vocazione di san Matteo” del Caravaggio, una bella foto dei nostri seminaristi e una frase che abbiamo scelto per il percorso educativo di quest’anno: “Nel nome di Gesù… per un’autentica cultura dell’incontro”. Queste parole sono tratte dal “Il dono della vocazione presbiterale” (anno 2016) della Congregazione per il Clero, al numero 98, dove si parla della realtà digitale e dei social network, all’interno del capitolo fondamentale della formazione umana dei futuri preti. Il tema del cosiddetto mondo digitale o info-sfera è importante anche per i seminaristi che sono giovani di oggi e per tutta la Chiesa che, tra le tante periferie dell’uomo contemporaneo, si trova a “navigare” anche su queste rotte ed a trovare qui un prezioso strumento di incontro e di evangelizzazione, senza paura di fronte alle sfide ed anche senza ingenuità di fronte ai pericoli ed ai limiti che questo ambito comporta. Anche in Seminario abbiamo pensato e proposto un sostanzioso percorso, in complementarità con tutta la formazione scolastica e teologica, di conoscenza e approfondimento, dal titolo “Preti S-connessi? – 5W per una vera Pastorale Digitale”. In accordo con l’Ufficio Diocesano per le Comunicazioni Sociali abbiamo contattato professionisti che ci guidano con competenza e passione in questo progetto.

Oltre che al mondo social, la parola incontro è fondamentale nella realtà quotidiana del Seminario e nella vita fraterna e comunitaria, che è l’asse portante di tutta la formazione e deve integrare la dimensione umana, spirituale, intellettuale e pastorale della persona.

Incontro per i seminaristi è il “gomito a gomito” di ogni giorno nella condivisione degli spazi comuni, di vari impegni e servizi comunitari, nei momenti di preparazione della liturgia e di altre proposte, nella bellezza e fatica di pregare e vivere insieme, con puntualità, cura e attenzione. Incontro è pure il confronto fraterno su vari temi e la scelta di un’iniziativa da fare insieme con gli altri; qui talvolta l’in-contro può diventare s-contro che, se vissuto con giusta misura e con umile disponibilità a perdere e a crescere, diventa palestra di dialogo e occasione di vera maturazione. Incontro sono poi i tanti ambiti di gratuità vissuti ad esempio al “bar di teologia” e in momenti di gioco e svago e le tante attenzioni reciproche nelle relazioni interpersonali che, se vissute come si deve, fanno crescere amicizie libere, capaci di portare a tutta la comunità tanto bene.

Incontro per un seminarista è anche il rapporto con noi formatori nei vari livelli che il percorso di accompagnamento e discernimento vocazionale comporta. Qui la cifra fondamentale è quella della fiducia reciproca e della docilità, requisiti non immediati ma che crescono strada facendo. E inevitabilmente l’in-contro deve diventare ris-contro e confronto, cioè, verifica paziente e schietta di reale cammino e di autentica maturazione per essere davvero appassionati discepoli-missionari del Signore Gesù.

Incontro per i seminaristi è tutto il rapporto con chi è “esterno” al Seminario. Qui la parola incontro si coniuga con le parole accoglienza e apertura. Il desiderio di non essere chiusi è davvero grande, non solo per i momenti di preghiera aperti a tutti come le Adorazioni Eucaristiche o il partecipare con fedeltà al terzo sabato del mese alla preghiera vocazionale alla Madonna del Soccorso e, quando possibile, ad altre iniziative diocesane e culturali, ma anche nell’aprire le finestre e le porte a testimonianze di vario genere che fanno circolare aria fresca e ci dischiudono ad una dimensione universale e attenta alle sfide dell’oggi. La recente – mi pare buona – collaborazione con il Seminario milanese di Venegono per gli studi teologici, seppure ci richieda qualche sacrificio in più, ci educa in questo senso. C’è poi tutto l’aspetto delle esperienze pastorali che i seminaristi vivono con gioia e dedizione in parrocchia a fianco dei nostri cari preti e diaconi e nell’incontro concreto con la gente e le famiglie. Quest’anno, inoltre, due nostri giovani, Manuel e Nicola, nel loro percorso personalizzato di formazione vivono un anno di seminario un po’ particolare: l’uno in Albania, nella diocesi di Lezhë; l’altro in Francia, nella Comunità di Taizè: esperienze per entrambi molto belle ed impegnative, di servizio e d’incontro, davvero uniche.

Penso inoltre che nel panorama della vita della nostra vasta Chiesa diocesana la struttura fisica stessa del Seminario, sulla Collina di Muggiò, oltre ad essere quella “città posta sul monte” come scrivevo due anni fa e anche visibile da lontano, (oggi ancor meglio per la necessaria sfoltitura di tanti alberi del nostro bel parco!) è oggi più che mai anche il crocevia di molti incontri a vario livello. La presenza da tempo del nostro rinomato Centro Nicolò Rusca e della nostra splendida Biblioteca, l’accoglienza, ormai da più di un anno, di vari Uffici Pastorali, la proposta per incontri con diverse realtà, la messa a disposizione degli spazi per vari tipi di ospitalità, aiutano i nostri seminaristi a crescere in questa cultura dell’incontro.

Infine, lasciatemi rimarcare quel “nel nome di Gesù…” che ho voluto assolutamente presente nella frase di quest’anno per la giornata del seminario. Qui siamo all’incontro decisivo della vita! Anche in seminario. Ogni seminarista arriva qui perché certamente ha già incontrato Gesù, ma è negli anni di formazione, sotto la guida sicura dello Spirito Santo e della paziente sapienza della Chiesa, che si impara a conoscere davvero il Signore. La vita di grazia, i tanti momenti di preghiera, la fatica e la bellezza dello studio della teologia, il confronto con gli altri, l’esempio di santità di tanti fratelli e sorelle maggiori nella fede, l’affetto sincero per la Chiesa, il sentirsi ogni giorno fragili ma oggetto continuo della misericordia di Dio, l’apertura alla realtà dell’uomo di oggi e dei poveri: questo è il nostro incontro con Gesù. Solo così quella cultura dell’incontro diventa autentica!

Ringraziamo immensamente Dio per il dono dei nostri seminaristi ai quali, pochi o tanti che siano, non chiediamo di essere perfetti e di darci chissà quali garanzie, ma chiediamo di essere il più possibile veri, sempre sinceri: cioè, autentici. Alla fine, è lo stesso che è chiesto ogni giorno ad ogni discepolo di Gesù e in modo particolare a noi preti, per essere nel mondo di oggi credibili e gioiosi testimoni del Vangelo, per ogni fratello e sorella che incontriamo sulla nostra strada. Ce n’è tanto bisogno!

Concludo lasciandovi una riflessione del noto vescovo brasiliano Dom Hélder Câmara, che mi sembra dica molto bene lo spirito di “un’autentica cultura dell’incontro”: “Missione è partire, camminare, lasciare tutto, uscire da se stessi, rompere la crosta di egoismo che ci chiude nel nostro io. È smettere di girare intorno a noi stessi come se fossimo il centro del mondo e della vita. È non lasciarsi bloccare dai problemi del piccolo mondo al quale apparteniamo: l’umanità è più grande. Missione è sempre partire, ma non è divorare chilometri. È, soprattutto, aprirsi agli altri come a fratelli, è scoprirli e incontrarli. E, se per incontrarli e amarli è necessario attraversare i mari e volare lassù nel cielo, allora missione è partire fino ai confini del mondo.”

Penso sia la missione anche del nostro Seminario diocesano per il quale invito con insistenza tutta la Diocesi ad un rinnovato affetto, fatto di preghiera, sostegno e vicinanza. Grazie di cuore.

don Alessandro Alberti, rettore